IL DIFFERENZIAMENTO cellulare e tissutale

Il fenomeno per cui da una cellula iniziale, di solito lo zigote, si originano gradualmente tipi cellulari diversi, seppure muniti dello stesso genoma, è detto differenziamento. Alla base del differenziamento si trova una particolare programmazione dell’attività genetica che in un primo tempo determina la formazione di tipi cellulari differenti, quindi li mette in grado di rimanere specializzati, mantenendo costantemente represse le sintesi che non sono specifiche di un determinato tipo cellulare.

La possibilità di modulare nel tempo e nello spazio l’attività dei vari gruppi di geni nucleari è stata probabilmente alla base della grande fioritura evolutiva degli eucarioti, molti dei quali, grazie a tale possibilità, sono divenuti pluricellulari.

Un batterio, il cui genoma è continuamente attivo, dà origine solo a cellule sempre eguali fra loro, che non traggono vantaggi dall’associazione perché tutte esercitano le stesse attività.

L’organismo dei pluricellulari è fatto da tipi cellulari diversi i quali, modulando in modo diverso l’attività di singoli gruppi genici, si specializzano ciascuno per determinate funzioni e quindi ricavano vantaggi dalla collaborazione reciproca all’interno di un unico individuo.

In un organismo adulto le cellule dei vari tessuti differiscono tra loro per forma e funzioni. A livello molecolare tali differenze riguardano soprattutto proteine di carattere strutturale o enzimatico. La fibra muscolare è enormemente più ricca di mioglobina, miosina, actina ed altre proteine contrattili di qualsiasi altra cellula, mentre un globulo rosso non produce altro che emoglobina.

Alla base del differenziamento c’è quindi una particolare programmazione dell’attività genetica, che prima determina la formazione di tipi cellulari differenti, quindi li mette in grado di rimanere specializzati, mantenendo costantemente represse le sintesi che non sono specifiche di quel tipo cellulare.

Il nucleo non è il solo responsabile di questa programmazione: infatti, le cellule dei vari tessuti di un organismo hanno tutte lo stesso DNA. La diversa regolazione dell’attività genetica che si attua nei vari tipi cellulari dipende da segnali chimici che giungono al nucleo dal citoplasma, oppure, sempre mediati dal citoplasma, da cellule circostanti o anche dall’ambiente esterno alla cellula.

Segnali chimici analoghi sono, del resto, prodotti anche nel corso della vita cellulare, indipendentemente dal differenziamento: i complessi cicli vitali della cellula eucariotica sono programmati correttamente da molecole specifiche che vengono sintetizzate in determinati momenti e inducono il nucleo a iniziare una nuova fase di attività. Le interazioni nucleo-citoplasmatiche sono quindi alla base sia del differenziamento sia della normale attività di una cellula nel corso del suo ciclo vitale. Vediamo alcuni esempi di questi fenomeni, che di norma si svolgono nella fase G1 ma che possono interessare anche periodi successivi.

La nascita dei vari tipi cellulari nel corso dello sviluppo dipende dalla struttura molecolare della cellula-uovo. Fin dalla fecondazione, o anche prima, in alcuni organismi si può vedere che il citoplasma ovulare non è omogeneo per quanto riguarda la distribuzione di determinati costituenti, e in particolare delle ribonucleoproteine. Si tratta, probabilmente, di RNA messaggeri temporaneamente inattivi in quanto bloccati dagli informosomi.

Man mano che l’uovo si va segmentando in numerosi blastomeri, che sono cellule ancora indifferenziate, ciascun blastomero eredita una diversa porzione del citoplasma ovulare e quindi delle RNP differenti. Più tardi, dai blastomeri si originano cellule che si avviano in varie direzioni differenziatrici: alcune divengono muscolari, altre nervose, altre intestinali e così via. Si ritiene che tale processo sia dovuto a una diversa regolazione del loro DNA da parte di proteine citoplasmatiche particolari, costruite sui vari mRNA derivati dall’uovo e ora attivati.

diffrenziamento

Fig. XII. 1 - Segmentazione e differenziamento. L’immagine schematica vuole sottolineare un fatto: con il moltiplicarsi dello zigote si realizza una differenza tra la metà superiore e inferiore del citoplasma. A stadio a due cellule. B stadio a quattro cellule. C stadio a otto cellule; le quattro cellule superiori sono già differenziate rispetto alle quattro inferiori.

Tali controllori citoplasmatici delle attività nucleari sono ancora sconosciuti. L’unico noto è il fattore o+, ova-deficient, scoperto nell’Axolotl, un anfibio che spesso non va incontro a metamorfosi. Tale fattore è una proteina la cui assenza provoca la produzione di uova che si arrestano nello sviluppo. Si ritiene che la proteina o+ sia necessaria per l’attivazione dei geni dei blastomeri, che altrimenti restano repressi. Infatti, uova segmentate di individui deficienti di tale fattore, destinate ad abortire, riprendono un normale sviluppo se viene loro iniettata la proteina o+, ripresa che si manifesta con un ripristino della trascrizione nei nuclei dei blastomeri.

La segregazione in determinate aree dell’uovo di RNP particolari è provata anche dalle esperienze sui plasmi polari, zone ovulari ricche in granuli di RNA (granuli polari dalle quali si originano normalmente le gonadi dell’individuo. Se nell’uovo di una Drosofila vengono trapiantati granuli polari di un altro uovo, si origina un embrione con un duplice corredo di gonadi, uno derivato dal proprio plasma polare, l’altro da quello trapiantato. Questi granuli contengono forse gli mRNA di proteine che regolano il differenziamento delle cellule germinali.

Anche le esperienze di trapianto nucleare indicano che il citoplasma contiene molecole in grado di modificare le attività nucleari.

È noto che il genoma di cellule differenziate trascrive pochi tipi di RNA, essendo in larga misura represso. Se il nucleo di una di queste cellule è trapiantato in un uovo privato del proprio nucleo, nel nuovo ambiente il nucleo differenziato subisce una riprogrammazione: il DNA inizia ampi fenomeni di trascrizione e il nucleo è in grado di produrre il normale sviluppo dell’uovo, con la genesi di numerosi e diversi tipi cellulari. Per esempio, in una specie di anfibi si sono ottenuti individui completi iniettando nuclei di cellule intestinali in uova previamente enucleate.

I fenomeni regolativi dell’attività genetica sono dunque reversibili, in base a stimoli provenienti dal citoplasma. Un’ulteriore prova si ha da esperienze di fusione cellulare o ibridazione cellulare.

La fusione di due cellule genera un ibrido con due nuclei in un unico citoplasma. Se le cellule appartengono a due specie diverse, l’ibrido è detto eterocarione. Sono stati ottenuti eterocarioni provocando la fusione di eritrociti di pollo, il cui nucleo è del tutto eterocromatico e quindi represso, con fibroblasti umani o di topo, il cui nucleo è invece molto attivo nella trascrizione. Nell’ibrido si può vedere che il nucleo dell’eritrocita rapidamente si ingrandisce e la sua cromatina diviene attiva, trascrivendo RNA e fabbricando il nucleolo di cui era privo. Evidentemente, fattori presenti nel citoplasma del fibroblasto hanno attivato il DNA dell’eritrocita.

Infine, è stato dimostrato che gli ormoni steroidei attivano alcuni tipi cellulari, quelli degli organi bersaglio, penetrando nel loro citoplasma e legandosi a recettori specifici di natura proteica. Tali recettori, attivati dallo steroide, passano nel nucleo ed entrano in rapporto con determinate regioni del genoma sulle quali agiscono come derepressori, attivandone la trascrizione. Prove al riguardo si sono ottenute per gli steroidi sessuali (testosterone, estrogeni e progesterone) e della corteccia del surrene nei vertebrati e per quelli della muta larvale negli Insetti (ecdisone).

In quest’ultimo caso si è visto che nei cromosomi politenici [1] dei ditteri l’iniezione di ecdisone provoca la formazione di puffs (aree despiralizzate ad intensa attività trascrizionale) in determinate regioni di certi cromosomi che sono specifiche sia a livello di tessuto sia a livello dello stadio larvale osservato. Probabilmente nei puffs più grandi, oltre a fenomeni di attivazione, ne esistono anche altri di amplificazione dell’attività genica.

Amplificazione genica, ossia incremento numerico delle copie di un certo gene in attività, è stata di recente indotta sperimentalmente anche in cellule di mammiferi in coltura. Trattando queste cellule con inibitori della sintesi delle purine, sintesi che è di vitale importanza, alcune di esse acquisivano gradualmente una resistenza all’agente inibitore, aumentando enormemente la quantità degli enzimi addetti alla sintesi delle purine, che quindi non venivano totalmente inibiti. A livello microscopico si è visto che queste cellule resistenti possedevano un cromosoma con un braccio enormemente più lungo della norma: ci sono prove che lungo tale braccio i geni che codificano l’enzima per la sintesi purinica sono presenti in alcune centinaia di copie, essendosi amplificati nel corso di varie generazioni, sotto la pressione selettiva degli inibitori.

I principali eventi che caratterizzano le attività vitali della cellula sono dunque il risultato di interazioni talora complesse fra nucleo, citoplasma e ambiente che circonda la cellula.

Differenziamento cellulare

Abbiamo visto come il problema del differenziamento molecolare si identifichi con quello dell’espressione del gene. Il passo successivo è quello di rispondere alla domanda di come possa una cellula organizzare una struttura perfettamente in grado di espletare funzioni articolate. Abbiamo buoni motivi per ritenere che questo si realizzi grazie ad un ordinato montaggio di macromolecole proteiche, lipidiche e zuccherine secondo un preciso progetto strutturale che richiede l’intervento di attività enzimatiche in una sequenza temporale estremamente precisa. Generalmente l’acquisizione di una determinata funzione da parte di una popolazione cellulare si realizza quando in questa si è progressivamente accumulata una quantità considerevole di una o più proteine specifiche.

Negli eucarioti le proteine sintetizzate possono essere distinte in due classi:

o proteine responsabili dell’impalcatura strutturale della cellula;

o proteine enzimatiche caratteristiche, in grado di espletare funzioni specializzate.

Una caratteristica importante di alcune proteine del secondo gruppo è quella di non essere strettamente necessarie al metabolismo e in particolare alla sopravvivenza della cellula stessa. Pertanto, ai fini dell’espressione di attività cellulari caratteristiche, è necessario che ogni singola cellula sintetizzi non soltanto proteine in quantità sufficiente, ma anche rispettando una rigida sequenza temporale.

Durante il differenziamento, la cellula, in base alla qualità e alla disponibilità delle proteine messe in produzione, è in grado successivamente di assemblarle acquisendo caratteristiche fenotipiche fortemente differenziate. Queste modificazioni sono a carico di tutti i compartimenti cellulari che possono tuttavia ulteriormente differenziarsi in rapporto alle funzioni specifiche che la cellula dovrà svolgere nel corso del suo stato di differenziamento. È importante sottolineare come la funzione finale svolta da ogni singola popolazione sia in gran parte dipendente dall’assortimento e dal numero dei macchinari molecolari presenti all’interno della cellula. In particolare lo sviluppo dei vari compartimenti cellulari è responsabile di conferire talune caratteristiche attività funzionali.

Variazioni ultrastrutturali dovute al differenziamento

È interessante dare uno sguardo alle differenze strutturali che i meccanismi differenziativi determinano a carico di alcuni tra i più importanti organuli cellulari.

La membrana plasmatica

Cellule che si sviluppano sulle pareti delle cavità di un organo, in cui operano attivamente, possono specializzare la loro porzione apicale per poter lavorare in questa cavità in cui normalmente può essere presente materiale macro e micromolecolare di varia natura che deve essere assorbito, modificato o semplicemente analizzato.

La porzione apicale delle cellule epiteliali dell’intestino, dette enterociti, riesce ad amplificare notevolmente la superficie cellulare attraverso una ripetuta pieghettatura che conferisce un aspetto a pettine. Le popolazioni cellulari che rivestono il lume della cistifellea presentano dei microvilli con antenne, presumibilmente espressioni differenziate del cell coat che favoriscono il riassorbimento dell’acqua, importante ai fini della concentrazione della bile. Nella mucosa tracheale esistono cellule dotate di ciglia che, contraendosi, svolgono un lavoro meccanico di allontanamento nei confronti del materiale in transito.

Molte volte la presenza di ciglia può addirittura promuovere o indurre il movimento di popolazioni cellulari, come accade nei condotti efferenti delle vie spermatiche maschili e degli elementi che rivestono la mucosa delle tube uterine: grazie all’attività meccanica esercitata dalle ciglia, che battono in maniera orientata, ritmica e precisa, si creano dei moti propulsivi attivi in grado di determinare, rispettivamente, lo spostamento delle cellule spermatiche e dell’ovocellula.

Un ultimo esempio di collegamento fra struttura e funzione lo troviamo nei melanociti i quali, attraverso le propaggini citoplasmatiche denominate dendriti, possono mettersi in contatto con le cellule dell’epidermide per riversarvi il pigmento melanico.

Durante il differenziamento di queste popolazioni cellulari risulta evidente come debba essere fortemente incrementata la sintesi dei vari materiali molecolari che costituiscono queste strutture e come debba essere particolarmente controllato il loro successivo montaggio. Attraverso la comparsa di caratteristiche fenotipiche fortemente specializzate le varie popolazioni cellulari riescono a svolgere funzioni diverse e complesse.

Il reticolo endoplasmatico

L’estensione del reticolo endoplasmatico rugoso è un criterio differenziativo in grado di fornire importanti informazioni sulle capacità di sintesi di una cellula. La cellula pancreatica presente nell’acino esocrino è un esempio di come sia possibile correlare una marcata attività secretoria con un imponente sviluppo del REG. L’elaborato di questa cellula andrà a costituire il succo pancreatico, miscela di una quarantina circa di enzimi, che verrà immessa nella cavità duodenale per integrare l’attività intestinale nella demolizione delle molecole presenti nel chimo.

Il reticolo liscio dell’epatocita può variamente ampliarsi durante tutto il corso della vita in seguito all’azione di sostanze eterogenee tra cui sicuramente le più interessanti risultano i farmaci. È stato calcolato che, in seguito a somministrazione di barbiturici, il reticolo liscio, per un fenomeno detto farmacoinduzione, può ipertrofizzarsi raggiungendo valori pari a circa 45.000 mm².

Il reticolo liscio è senza dubbio la struttura più enigmatica dello sviluppo in quanto non è possibile indirizzarsi sul tipo di funzione svolta dalla cellula basandosi solamente sull’analisi della sua organizzazione strutturale. Durante la citodifferenziazione il reticolo liscio, scarso e poco delineato nelle cellule pluripotenti, tende a svilupparsi costituendo complicati sistemi di tubuli e di cisterne, che attraversano tutta la cellula interconnettendosi tra loro. Pur presentandosi al microscopio elettronico con atteggiamenti strutturali simili, il reticolo liscio può espletare funzioni diverse

Il complesso di Golgi

Durante la citodifferenziazione l’apparato di Golgi va incontro ad una serie di importanti modificazioni strutturali che interessano sia la sua estensione che la dilatazione delle sue cisterne.

Dall’analisi di vari tipi cellulari si deve dedurre che l’evoluzione, il numero e l’ampiezza delle cisterne del complesso di Golgi non sono sempre un indice dell’attività di tale apparato. Questo perché la sua funzionalità è strettamente dipendente dall’attività degli enzimi che esso contiene. Pertanto la disponibilità di substrati (proteine e zuccheri) e dei sistemi enzimatici golgiani (glicosil-transferasi) è l’elemento chiave dell’attività di tale apparato. Le dimensioni del complesso di Golgi non sono pertanto sempre correlabili alla sua reale capacità di arricchimento della quota proteica sintetizzata e il dato strutturale, da solo, non è un indice valido della sua citodifferenziazione.

I mitocondri

Poco si sa di come i mitocondri vadano organizzandosi durante il differenziamento. In genere, in una cellula in stato differenziato come l’epatocita, il loro numero oscilla intorno al migliaio. Per una buona valutazione dell’attività mitocondriale durante il differenziamento non sempre il numero è un criterio fondamentale. Infatti, ugualmente importanti da un punto di vista morfologico, sono la grandezza del mitocondrio e il numero delle creste.

Secondo valutazioni stereologiche, poco più di un migliaio di mitocondri presenta una superficie pari a circa 720 mm². Le creste mitocondriali possono raggiungere uno sviluppo di circa 35.000 mm². È chiaro che non soltanto attraverso il numero dei mitocondri, quanto soprattutto attraverso l’estensione delle creste, si può pervenire ad una precisa valutazione morfologica dell’attività mitocondriale. Ciononostante è innegabile l’alto numero di espressioni morfologiche che si possono osservare a carico del compartimento mitocondriale durante lo sviluppo e durante il mantenimento dello stato differenziato.

Il tessuto adiposo bruno, scarso nell’uomo adulto ma presente in gran quantità durante lo sviluppo embrionale, caratteristico di alcune specie che prevedono l’ibernazione nel loro ciclo vitale, presenta dei mitocondri assai interessanti. A parte le notevoli dimensioni, mostrano un marcato sviluppo delle creste e una stretta associazione con i depositi lipidici coi quali interagiscono promovendo la decarbossilazione degli acidi grassi.

Differenziamento tissutale

Col termine di istodifferenziamento si intende la progressiva organizzazione in raggruppamenti delle varie popolazioni cellulari, detti tessuti. Pertanto, un tessuto nasce dalla confluenza di una o più popolazioni cellulari che si organizzano per dar luogo a complessi morfo-funzionali altamente specializzati.

Durante l’istodifferenziazione alcune popolazioni cellulari possono riunirsi in comunità organizzate a costituire gli epiteli. Per poter raggiungere questi livelli di organizzazione sono necessarie due importanti condizioni strutturali: la presenza di un supporto su cui attaccarsi, la lamina basale, e la possibilità di connettersi fisicamente e di comunicare con le cellule adiacenti tramite complessi di giunzione.

Le cellule, durante il differenziamento, oltre che a specializzare i vari compartimenti intracellulari per poter raggiungere l’organizzazione tissutale, nell’ambito della loro porzione basale devono in via preliminare organizzare specifiche classi di glicoproteine che assicurano l’adesione alla lamina basale sottostante. Inoltre devono mettere in produzione sistemi specifici di connessione, quali i desmosomi, che assicurano tenacemente l’adesione meccanica alla cellula vicina. Accanto a sistemi di connessione è importante che tutte le popolazioni cellulari che compongono lo stesso tessuto abbiano il medesimo livello di informazione metabolica. Ciò è di fatto assicurato dalla presenza di specifici canali di comunicazione, quali le gap-junctions. Si comprende facilmente come l’organizzazione di un determinato tipo di comunità epiteliale abbia il suo presupposto nel differenziamento dei congegni che assicurano la possibilità dell’organizzazione in comunità.

Altre popolazioni cellulari, quasi esclusivamente quelle di origine mesenchimale, non operano in raggruppamenti, bensì isolate nell’ambito di una matrice di varia consistenza, da loro stesse prodotta e controllata. Si vengono così a costituire i tessuti connettivi che adempiono al compito fondamentale di connettere tra loro gli altri tessuti. Anche in questo caso, l’acquisizione delle caratteristiche tessutali specifiche dipende dalla sintesi di determinati prodotti che le cellule devono necessariamente elaborare per poter raggiungere un certo livello istodifferenziativo. Talune popolazioni cellulari possono incrementare fortemente la sintesi dei materiali extracellulari, organizzando così altri sistemi tessutali, come il tessuto cartilagineo e il tessuto osseo.

Di origine mesenchimale sono le cellule ematiche sospese nella matrice connettivale liquida, il plasma, a sua volta contenuto nel sistema vascolare. Ciò, tuttavia, non impedisce ad alcune di queste cellule, quali alcuni tipi di leucociti, di abbandonare la rete vascolare a livello dell’endotelio dei capillari per raggiungere il connettivo, dove si trasformano in cellule dotate di attività fagocitaria.

Infine, un ultimo livello di organizzazione tessutale è dato dai neuroni, particolari cellule interconnesse tra loro attraverso specifiche giunzioni, le sinapsi, costituendo così estese reti pluricellulari. I neuroni si sono altamente differenziati per assolvere a due peculiari funzioni: l’eccitabilità e la conduttività.

La comparsa nel corso dello sviluppo embrionale di tessuti con forme e strutture nuove è un processo che comporta una complessa ridistribuzione cellulare grazie a proliferazioni programmate. Le popolazioni cellulari in sviluppo si autocontrollano, indicandosi a vicenda dove migrare, dove sistemarsi nel contesto di una popolazione cellulare, che cosa sintetizzare, quando e con quali modalità.

Quindi, in seguito al differenziamento istologico, si formano specifici raggruppamenti di cellule altamente specializzate che costituiscono i tessuti. Generalmente, per tessuto si intende un insieme di cellule aventi la stessa forma, la stessa funzione e la stessa derivazione embrionale. I tessuti vengono raggruppati in quattro grandi classi: epiteliali, connettivali, muscolari e nervosi. All’interno di ciascuna classe, però, si annoverano numerose sottoclassi: si ritiene che, nell’organismo umano, esistano circa 500 popolazioni cellulari.

I tessuti si associano tra loro, concorrendo alla formazione degli organi, i quali, a loro volta, si associano a costituire sistemi e apparati tra loro correlati per lo svolgimento delle funzioni vitali di un organismo.



[1] Cromosoma politenico è un tipo speciale di cromosoma costituito da un fascio di parecchi cromatidi derivati da ripetuti cicli di replicazione di singoli cromatidi senza divisione nucleare. Questo cromosoma è caratteristico di vari tessuti dei ditteri.

Ultime modifiche: venerdì, 25 luglio 2014, 17:45